Conosci le “canzoni travisate”?
Sono quelle canzoni in cui il cantante sembra dire qualcosa di insolito, di strano, di buffo. Quasi sempre in italiano dentro testi in inglese.
E sono una trovata comica del Trio Medusa di Radio Deejay che da molti anni ormai rappresentano un appuntamento fisso per gli ascoltatori.
Se non le conosci, fatti due risate qui sotto.
Oltre ad essere molto divertenti, le canzoni travisate sono l’esempio perfetto per spiegare un fenomeno psicologico davvero interessante: la pareidolia.
Perché proprio la pareidolia è il meccanismo mentale che genera questa strana “trasformazione” dei suoni e innesca così le canzoni travisate nella nostra testa.
La pareidolia consiste nella «tendenza istintiva e automatica a trovare strutture ordinate e forme familiari in immagini disordinate».
Per capirci, è quella spinta psicologica che ci porta a vedere volti dentro le forme più disparate: una nuvola, una macchia di umidità sul muro, una presa della corrente…
Trattando di suoni e non di immagini, come per le canzoni travisate, si parla più nello specifico di pareidolia acustica. Ovvero una “percezione uditiva” che ci convince di aver sentito distintamente qualcosa di riconoscibile dentro ad altri suoni.
Non ti è mai successo, per esempio, di sentire il telefono squillare mentre sei è sotto la doccia? Oppure sentire il tuo nome pronunciato per la strada? Ecco, funziona così.
Da suoni confusi e vaghi, il nostro cervello cerca sempre di riconoscere qualcosa di famigliare, per aiutarci, per renderci la vita più facile.
Cerca una forma dentro all’indefinito. E nel farlo a volte prende fischi per fiaschi, è proprio il caso di dirlo.
Questo meccanismo spiega (e smonta) anche la leggenda metropolitana dei messaggi subliminali infilati nelle opere di celebri gruppi rock, che si diceva potevi udire mandando il disco al contrario…
Nell’ascoltare le canzoni travisate del Trio Medusa scatta in tutti noi una pareidolia. Ma la cosa interessante, per gli argomenti di questo blog, è che tale meccanismo viene indotto dalle parole di premessa che i comici pronunciano prima di far partire la musica.
Il nostro cervello viene così predisposto, viene influenzato, a riconoscere dentro quei suoni confusi delle parole. Infatti, prima che il Trio Medusa ce le facesse notare avevamo mai sentito quelle bizzarre frasi nelle hit del momento? Non credo.
La pareidolia è un caso particolare di apofenia. Ovvero la tendenza a «riconoscere schemi o connessioni in dati casuali e/o senza senso». Il termine è stato coniato a metà del Novecento dal neurologo tedesco Klaus Conrad, che la definì come una “immotivata visione di connessioni”.
Per non complicarci troppo la vita (e lasciando perdere i paroloni scientifici che in fondo ci servono poco), possiamo semplificare dicendo che:
il cervello umano è programmato per cercare e trovare un significato in ciò che gli si para davanti, anche nelle percezioni confuse o vaghe.
Per farlo utilizza degli “schemi” che gli sono famigliari, ovvero cerca in memoria qualcosa che già conosciamo e che potrebbe andar bene.
La nostra vita è decisamente facilitata da questa abilità psicologica, che ci permette di riconoscere al volo ciò che sta intorno a noi senza bisogno di analizzarlo in tutti i suoi dettagli.
Il cervello nota i primi elementi, cerca una corrispondenza con ciò che già conosce, completa il quadro e ci fornisce una risposta. Senza spreco di tempo ed energie.
Ottimo. Se non fosse che questa abilità presenta un rovescio della medaglia. Può infatti trasformarsi in una trappola, portandoci a vedere qualcosa che esiste solo e soltanto nella nostra mente. Ingannandoci.
E perché tutto questo dovrebbe essere interessante per il tema della comunicazione strategica di cui parlo in questo blog?
Per due motivi:
1. svela l’anima illogica della nostra mente.
Nel creare un pensiero e nel prendere le decisioni, spesso, veniamo influenzati da elementi irrazionali, illogici. E questo è uno dei primi e più importanti concetti da imparare per chi vuole capirne di comunicazione efficace e persuasiva.
2. dimostra che la percezione della realtà è modificabile: nella nostra testa i pensieri si possono plasmare!
Questo aspetto ci rende creativi, capaci di sviluppare nuove idee e nuovi collegamenti. Ma anche vulnerabili. Può indurci in errore inconsapevolmente.
Nelle situazioni confuse o complesse (dove non siamo sufficientemente preparati sull’argomento o siamo troppo pigri per analizzare ogni aspetto e informazione) le interpretazioni che ci possono venir suggerite dall’esterno hanno un grande potere.
Se sono espresse da qualcuno apparentemente credibile e sono verosimili, hanno la capacità di persuaderci di un’idea. Anche se sbagliata, falsa o dannosa per noi.
Si tratta di un gap mentale molto molto amato dai persuasori.
Il cervello umano ha sempre bisogno di trovare significati e dare spiegazioni. E se ci sono dei momenti in cui non ha sufficienti dati certi – o voglia di approfondire – si “fida” di suggerimenti che gli possono arrivare. Anche se non sono veri.
E una volta che questa nuova lettura delle cose avrà trovato posto nella nostra mente sarà assai difficile metterla in discussione.
La politica, giusto per fare un esempio concreto, quando individua e mostra alle masse un nemico per fare fronte comune, fa esattamente questo. E lo fa unicamente per creare consenso.
Filippo Mora
Filippo Mora è un esperto di Comunicazione Strategica, ovvero di quelle dinamiche [linguistiche, psicologiche, sociologiche] che portano la comunicazione ad essere non solo uno strumento in grado di informare ma soprattutto capace di generare comportamenti e ottenere risultati. Svolge attività di consulenza e formazione in tutta Italia.
Ti interessa conoscere tutti i segreti della comunicazione?
Li trovi nel libro “Il congiuntivo non ti salverà”.
Lo puoi acquistare su Amazon.
Lascia un commento