Un episodio [che ci ha lasciati di sasso] spiega la prima regola della prossemica.
Ti faccio una confessione: spesso nel mio mestiere provo imbarazzo.
Mi capita quando spiego alcuni concetti. E dentro di me, penso che siano cose talmente ovvie e banali che non meritino nemmeno di essere menzionate in un’aula di formazione del terzo millennio.
Non sto esagerando.
A volte, quando l’imbarazzo diventa insopportabile, lo ammetto persino. Lo dico alle persone. Quasi mi scuso con loro per quello che sto spiegando.
Ma allora perché spieghi quei concetti? starai pensando…
Bella domanda.
Li spiego perché sono parte di un tutto e hanno un posto nel mondo.
Ma soprattutto, li spiego perché sono perfettamente (e tristemente) consapevole che seppur siano cose ovvie e banali: molte persone non le hanno capite, non le notano… e fanno dei danni clamorosi.
Ok, Filippo, però non fare il misterioso, di cosa si tratta?
Si tratta di un aspetto della “prossemica”, ovvero della disciplina semiologica che studia i gesti, il comportamento, lo spazio e le distanze all’interno di una comunicazione.
Che detto così avrebbe anche una certa dignità.
Ma ti assicuro che l’applicazione delle basi della prossemica nella nostra vita, si traduce in comportamenti veramente veramente elementari.
Cosa intendo con “le basi”?
Per semplificare il tema, posso dirti che la prossemica studia il significato delle distanze nelle relazioni.
Come sai, ogni essere umano possiede una propria percezione dello spazio. Non in senso metafisico, proprio in senso fisico. Te ne sarai reso conto entrando in ascensore e dovendo condividere quel metro quadro con altre persone, per esempio.
Qualcuno in quella situazione prova un forte imbarazzo, qualcun altro invece sembra più a suo agio.
Ogni essere umano avverte intorno a sé delle zone di spazio, definite Bolle Prossemiche, a cui dà un significato e a cui ha assegnato (inconsciamente) delle regole. Regole che se rispettate fanno sentire a proprio agio, ma che se vengono violate generano fastidio.
Si tratta del più banale degli istinti di sopravvivenza e protezione.
Quando qualcuno invade la nostra bolla prossemica ci sentiamo in pericolo e quindi il nostro corpo reagisce caricandoci di una dose di stress così da allertarci, proteggerci.
Dicevo che ogni essere umano ha una propria percezione dello spazio prossemico intorno a sé. Questo è vero, è cioè soggettivo.
Ma ci sono delle eccezioni.
O meglio: ci sono delle regole, valide in assoluto, per il 99,9% delle persone (e che quindi faresti meglio a rispettare con religiosa cura).
Nei giorni scorsi sono stato invitato a un evento mondano: un elegante aperitivo musicale presso un bel ristorantino. È stata la proprietaria, la chef, ad invitarmi.
Approfittando della bella stagione e della graziosa location in cui si trova il ristorante, ha pensato di organizzare una serie di appuntamenti pre-serali.
Nel migliore degli spiriti commerciali l’evento è stato organizzato in partnership con un’altra attività, così da fare squadra, migliorare la promozione e quindi accrescere la visibilità reciproca. Una bella idea ben organizzata. O quasi.
Abbiamo infatti partecipato alla prima serata, il debutto. E appena arrivati (io, la mia compagna e una coppia di amici) sono rimasto subito colpito da due cose.
La prima, avevano allestito molto bene il cortile. La seconda, c’era un sacco di gente.
Ci sediamo al nostro tavolo, consultiamo la carta mentre ascoltiamo il sassofonista che suona dal vivo. Tutto sembra perfetto. Ordiniamo.
E qui cominciano alcuni imprevisti.
Niente di così grave, per la carità. Disattenzioni e mancanze dovute forse al successo stesso della serata. Tanta gente, tante comande… e pochi camerieri.
Complice il fatto che non si trattava di un classico aperitivo a buffet, ma che invece prevedeva la preparazione espressa di finger food scelti dal cliente, abbiamo subito capito che i tempi si sarebbero allungati.
Finalmente arriva il nostro piatto… ma non è il nostro. Si scusano, lo portano via. Nessun problema. Può capitare. E poi eravamo lì per rilassarci.
Comincio però a guardarmi attorno, perché come forse ti ho raccontato altre volte, il mio lavoro mi porta sempre a notare, anche mio malgrado, le dinamiche comunicative delle persone.
…e capisco che sarebbe stata una lunga serata.
I pochi camerieri erano in affanno, qualcosa nell’organizzazione non andava.
Te la faccio breve, dopo più di un’ora non avevamo mangiato ancora nulla! Bevuto sì, almeno quello.
Avevamo anche chiesto notizie della nostra ordinazione, ma niente era cambiato.
Non ti ho raccontato di altri piccoli incidenti capitati, che insieme all’infinita attesa hanno certamente contribuito ad abbattere il tono della nostra serata.
Eravamo però stati invitati gentilmente dalla chef, che era impegnata in cucina che e quindi non ho voluto disturbare.
Avrei aspettato anche altro tempo senza reclamare, per amicizia.
Ma è successa una cosa.
Il titolare dell’altra attività coinvolta nell’evento, gironzolava, camicia aperta sul petto, tra i tavoli a intrattenere le persone.
Ed è arrivato al nostro.
Nessuno di noi lo conosceva. Solo io, di vista.
Come va la serata? Domanda lui.
Siamo ancora in attesa. Rispondiamo noi.
Adesso ci penso io! Ribatte lui.
E con l’intento (forse) di sembrare simpatico, stemperare la situazione, comincia a fare qualche battuta. Che precede la catastrofe.
…Sono imbarazzato nel raccontartelo.
Dice qualcosa che non ricordo e comincia ad accarezzare la testa, pelata, del mio amico.
Tutti lo guardiamo attoniti. Io soprattutto. Lui se ne accorge. Fa una battuta.
E mi dà un pizzicotto sulla guancia, come quello dei bambini.
Noi tutti rimaniamo in silenzio. Io continuo a fissarlo mentre la mia mascella cade al suolo. Lui farfuglia qualcosa ancora. Se ne va.
Noi ci guardiamo. Tra l’infastidito, il divertito e l’incredulo. Io mi sento in colpa, perché alla fine li ho portati io a quell’aperitivo. Propongo di andar via. Andiamo.
Certamente il fatto di essere rimasti un’ora seduti senza ricevere nulla ha aumentato la nostra “sensibilità”, e forse abbiamo reagito d’impulso.
Ma di una cosa sono certo.
La prima regola della prossemica dice che nella bolla intima (che contiene anche il contatto fisico) possono entrare solo poche e selezionate persone.
Ogni volta che invadi la bolla prossemica intima di qualcuno – se non sei più che ben accetto – lo metti in una situazione di disagio e fastidio.
Quindi non lo devi mai fare!
Io rimango ogni volta incredulo nel vedere persone – adulte – non avere abbastanza sensibilità e consapevolezza per capire dinamiche come questa.
Non è necessario “essere studiati”.
Come sai, in questo blog tendo a descrivere eventi e situazioni reali per poi darne una spiegazione tecnica secondo le Leggi Universali della Comunicazione. Ma in molti casi le leggi sono superflue: è sufficiente una minima dose di buon senso.
Non puoi mai toccare le persone!
A meno che ci siano le condizioni.
Ma davvero vanno spiegate queste cose?
Se vuoi fare il brillante, l’amico, il simpatico, e tocchi le persone sappi che stai generando l’effetto contrario di quello che ti eri prefisso in testa.
Ma davvero vanno insegnate queste cose alle persone adulte?
Questo è il motivo per cui, spesso, sono in imbarazzo nel dover far notare a uomini fatti e finiti alcune delle leggi universali della comunicazione.
Perché sono cose che nel terzo millennio non dovrebbero aver bisogno di spiegazioni.
Eppure è successo ancora una volta che qualcuno le infrangesse in maniera così maldestra. E succederà ancora. E ancora. Succederà sempre.
Dovrei essere contento, ho il lavoro assicurato per altri cento anni…
Ma sinceramente vi basterebbe leggere un libro, questo, per non fare più errori ridicoli e ottenere così solo buoni risultati.
Alla prossima
Filippo Mora
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