La più potente arma di comunicazione sono le sensazioni.
Non ci crederai, ma di tutte le infinite cose che devi tenere sott’occhio nella tua comunicazione (che tu sia una persona o un’azienda) la più importante sono le sensazioni che crei nei tuoi interlocutori.
Le percezioni che gli altri avvertono a contatto con le tue parole (e con te in generale) sono infatti in grado di fare la differenza nelle dinamiche comunicative.
Filippo ma ti stai convertendo alla New Age che parli di percezioni, energia positiva e roba simile?
Mai stato più scientifico di ora.
Quello dell’aspetto emozionale della comunicazione è un tema ampio, non voglio svilirlo in un breve articolo di un blog ma desidero tracciarne i contorni.
Tu e io siamo convinti di essere persone razionali.
Ed è vero, lo siamo.
Abbiamo ricevuto tutta un’istruzione scolastica che lo conferma. Ci hanno addirittura detto che l’essere umano è passato attraverso l’illuminismo, l’epoca della ragione che illumina, superando definitivamente il buio, la superstizione, il medioevo.
Ma come sempre accade, oscilliamo da un estremo all’altro senza conoscere un vero equilibrio.
Aristotele 2000 anni fa insegnava che per essere efficaci nella propria comunicazione, e riuscire a convincere gli altri della bontà delle nostre idee, fosse necessario unire al logos (la parte logica del discorso) anche altri aspetti come l’ethos e il pathos.
Quella del Maestro della Retorica è una lezione straordinaria, che ha superato brillantemente la prova del tempo e non è stata scalfita minimamente dall’età della ragione. Purtroppo però in pochi la conoscono.
E non sanno cosa si perdono.
Coloro che padroneggiano queste dinamiche si prendono tutto. Agli altri rimangono le briciole.
Sei consapevole che nelle nostre scelte siamo guidati dall’irrazionalità per il 70% e solo dal 30% di razionalità?
Nel comprare un’auto, valutare una scuola per i figli, sposare una persona, parlare al vicino, scrivere un post su Facebook, scegliere una marca di biscotti al supermercato… siamo sì guidati da una chiara parte logica ma soprattutto da un’invisibile parte illogica.
L’ho già accennato in questo blog, e continuerò a farlo perché è uno dei capisaldi della comunicazione strategica.
Purtroppo per te però, la scuola e la società ti hanno insegnato a concentrarti più sui tuoi contenuti, facendo cioè affidamento solo a quel 30% di cui ti ho scritto sopra.
Tutti abbiamo in testa che i contenuti logici rimangono validi anche se sono espressi in modo scadente. Ma questa è una vergognosa pericolosa vigliacca bugia.
La cosa più importante quando comunichiamo è la sensazione che si crea nei nostri interlocutori.
Intendiamoci, sensazione che si crea anche attraverso le parole e i contenuti che esprimiamo (e che devono essere curati al dettaglio)… non ti sto dicendo di ballare il can-can mentre dici 4 stupidate.
Ogni atto comunicativo contiene in sé due aspetti: uno referenziale e uno emozionale.
Devi imparare il prima possibile che la parte emozionale impatta a tal punto da dare senso alla parte contenutistica, referenziale.
Chi conosce gli assiomi della comunicazione di Paul Watzlawick sa che: «in ogni comunicazione esiste un aspetto di contenuto e un altro di relazione, in modo che il secondo qualifica il primo ed e quindi metacomunicazione».
La sensazione che generi negli altri e il modo di dire le cose determinano come gli altri percepiranno le cose che stai dicendo.
Ma Filippo, vuoi dirmi che le mie parole sono inutili? Devo solo infiocchettare bene ciò che dico?
No. No. No.
Non sto dicendo questo. Non mi fare arrabbiare.
Sto invece affermando che se non presti attenzione al tuo modo di esprimenti, di presentarti, di farti percepire: i tuoi validissimi contenuti rischieranno di ottenere un effetto inferiore a quanto potrebbero. Inferiore a quanto meriti.
Tutto qui.
- Perché quando vai a fare un colloquio di lavoro ti vesti bene?
- Perché se vai in riunione con i dirigenti della tua azienda cerchi di mantenere un comportamento serio e professionale?
- Perché quando parli con un bambino piccoli ti abbassi sulle ginocchia?
Il motivo è questo: sai (istintivamente) che il tuo modo di dire le cose, di parlare con le persone, di presentarti, di rapportarti con gli altri è importante.
Perché esiste un aspetto di contenuto e uno di relazione e la seconda qualifica il primo. Cioè ne dà senso e valore.
Tutte le nostre parole e tutti nostri messaggi vengono filtrati (un po’ coscientemente e un po’ inconsapevolmente) dai nostri interlocutori.
Queste persone nel farsi un’idea di quello che stiamo dicendo mettono insieme tutti gli elementi a loro disposizione.
È un sacrosanto meccanismo difensivo.
Le altre persone mettono alla prova le cose che diciamo cercando di non farsi fregare!
Estremizzo il concetto.
Hai mai sentito delle truffe agli anziani realizzate da finti operai del gas?
Perché questi imbroglioni si vestono come un dipendente della ditta del metano, indossano un bel cartellino identificativo e hanno sempre in mano una cartelletta con dei fogli e una penna?
Il motivo è che in questo modo rendono credibile e accettabile il fatto di dover entrare, girare per casa, guardare in giro. Addirittura, in questo modo riescono a rendere credibile il farsi consegnare del denaro.
Immagina se il malvivente fosse più maldestro, uscito dalla “Scuola di Ladri” di Renato Pozzetto e Paolo Villaggio.
Si presenta alla porta della nonnina con una mascherina sulla faccia, modello Zorro, per non farsi riconoscere. Vestito tutto di nero e con un cappellino in testa che gli nasconde il viso. Si aggira con aria guardinga nell’androne del palazzo, nascondendosi da tutti i passanti. E così facendo bussa alla porta della sua vittima chiedendole di poter entrare a rovistare nei cassetti…
Ma persino la nonnina di Cappuccetto Rosso lo prenderebbe a ombrellate.
La credibilità delle nostre parole dipende da come noi le presentiamo (e ci presentiamo).
E questa cosa non finirò mai di ripeterla. Perché in dieci anni ho visto che le persone non la capiscono davvero fino in fondo.
Certo l’esempio del ladro è talmente abnorme che tutti lo comprendono, e lo snobbano in quanto ovvio. Ma poi quando la vita si fa meno grossolana rispetto agli esempi didattici, tutti torniamo a non capire questo concetto. A non vedere la potenza delle sensazioni che il nostro modo di comunicare e di agire crea negli altri.
Guarda caso tutti i giorni vedo persone con buone intenzioni e validi contenuti ottenere risultati inferiori di quelli che potrebbero raggiungere perché si esprimono male, si presentano male, si fanno percepire male…
È un po’ come se vai al ristorante e trovi la tovaglia macchiata, la formaggera sudicia, le posate incrostate… magari il piatto in sé è anche buono ma la sensazione che provi in quel ristorante, sensazione che incornicia il piatto, uccide anche la pietanza migliore.
Perché è questo che succede tutti i giorni in tutti i luoghi di lavoro.
Buoni contenuti di valide persone che non vengono apprezzati quanto meriterebbero a causa delle sensazioni che li incorniciano.
Ti è mai capitato di aver di fronte qualcuno che dice qualcosa di coerente e credibile ma dentro di te avvertire una strana sensazione?
Hai mai detto: non so perché, ma a pelle non mi convince?
E dimmi, in quell’occasione hai dato ascolto al tuo cervello razionale o alla tua “pelle”?
Ti sei fidato della logica o ti sei lasciato guidare dalle sensazioni?
Se vuoi capirne di più di questo meraviglioso e spietato mondo, c’è una sola cosa che puoi fare: leggere.
Parti da questo libro: Il congiuntivo non ti salverà
Ti dò la mia parola: sarà una lettura di grande valore.
Anzi ti dò la garanzia: se lo leggi e non ti piace ti restituisco i soldi.
Filippo Mora
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