Ho deciso di scrivere un secondo articolo ispirato al mio soggiorno sul lago di Garda(dopo il precedente che trovi qui) perché mi è capitata un’altra situazione interessante, questa volta decisamente piacevole.
Come sai se leggi i miei articoli, ho l’abitudine di utilizzare fatti reali invece che astratte teorie per raccontare il mondo della comunicazione efficace. Prendo spunto da quello che vedo o da quello che mi succede. A volte sono eventi noti, magari di personaggi famosi, altre volte sono piccole esperienze che mi capitano in prima persona.
In questo modo vorrei anche aiutarti a comprendere come le leggi della comunicazione non siano qualcosa di teorico e separato dalla realtà.
Sono, invece, proprio ciò che determina, regola, motiva quello che ogni giorno ci accade.
Saper riconoscere queste “leggi universali”, riuscire ad avere piena consapevolezza delle dinamiche comunicative e relazionali è un risultato che devi raggiungere, è un’abilità che devi affinare.
Perché una volta che ci riesci, sarai in grado di comprendere il comportamento delle persone. Potrai addirittura prevederlo.
In alcuni casi potrai persino generarlo.
Non si tratta di una malvagia e oscura abilità. Si tratta semplicemente di comprendere davvero che “con le tue parole puoi far accadere le cose che vuoi, se sai come farlo” per citare una frase che campeggia nella copertina del mio libro.
Se padroneggi queste leggi universali puoi fidelizzare i tuoi clienti, puoi rendere felici le persone intorno a te, aiutarle, capirle.
Ma non divaghiamo: “soggiorno a Sirmione, parte seconda”.
Lo scorso anno avevo già soggiornato sul lago di Garda, sempre per lavoro, ed ero stato in un bel ristorantino di pesce.
Aveva un’ottima reputazione e così una sera l’ho provato.
Devo dirti che le recensioni non mentivano: i piatti erano ottimi, l’ambiente curato, il servizio impeccabile
Quest’anno ho deciso di violare una mia abitudine. Devi sapere infatti che sono uno che cambia sempre, per provare sempre cose nuove, ma ho infranto questa regola.
L’altra sera, dodici mesi dopo esserci stato la prima volta, sono tornato in quel ristorante.
Erano circa le 21.30, la serata era ormai tranquilla (i tedeschi cenano presto), solo pochi tavoli erano ancora occupati. Entro. La proprietaria mi vede, mi viene incontro per accogliermi. Mi sorride, allunga il braccio per darmi il benvenuto con una stretta di mano… e sai cosa mi dice?
Bentornato!
Sì, esatto, hai capito bene. Mi ha detto “bentornato”. Non so come, mi ha riconosciuto.
E intendiamoci, non sono così famoso 😉
Io rimango interdetto e le chiedo: bentornato?
Lei è già stato qui, mi sbaglio? – risponde lei.
Sì, l’anno scorso. Ma è impossibile che se lo ricordi – balbetto io.
Ho una buona memoria – chiude lei.
Colpito e affondato. Rimango senza parole.
Ma di cose da dire ce ne sono diverse, ti chiedo di notarle.
Seguimi.
Di certo quella ragazza è dotata di una fenomenale memoria, fuor di dubbio, ma non possiamo liquidare così semplicemente questo episodio.
Ci sono degli altri motivi che le hanno permesso di ricordarsi di me.
Almeno un paio.
‣ Il primo: quando uno vuole ricordare allora è molto più probabile che ricordi. E la proprietaria del ristorante (evidentemente) vuole ricordarsi dei suoi clienti.
Ti assicuro che non è una banalità quella che ho appena scritto.
Molte persone dicono di voler ricordare, ma non è vero. Vorrebbero, certo, ma non vogliono davvero.
Nel momento in cui decidi, intimamente, profondamente, completamente di ricordarti di qualcosa: è più probabile che la tua memoria lavori al meglio. Certo, ci vuole impegno e volontà. Si deve fare un po’ di fatica. Si deve pagare il prezzo, come per ogni cosa. Ma è più probabile che si ricordi.
‣ Il secondo: la proprietaria del ristorante deve aver prestato molta cura quella sera di dodici mesi fa.
Una cosa è certa, per esserle rimasto impresso nella memoria deve avermi osservato con attenzione.
Non mi illudo, non sono così speciale, quella persona osserva con attenzione tutti gli avventori che si siedono ai suoi tavoli. In fondo è il segreto per offrire il servizio migliore ai propri clienti (e non solo se gestisci un ristorante).
Già qui potresti chiudere l’articolo e avresti da lavorare. Quanta cura presti alle persone importanti per te e quanto ti impegni a ricordare le cose importanti? Anche perché, sapendo che la media delle persone nemmeno rammenta il giorno del compleanno del proprio partner, so che anche tu potresti avere margini di miglioramento.
Ma, dopo aver analizzato velocemente le premesse, andiamo ad osservare l’aspetto più interessante: le conseguenze di questa scena “memorabile”.
Come pensi che mi sia sentito io in quel momento, quando la proprietaria mi ha riconosciuto?
Sentirsi riconosciuti, ricordati significa (consciamente e soprattutto inconsciamente) sentirsi “importanti”.
Quella ragazza con una parola, “bentornato”, mi ha fatto sentire importante come un Re.
E l’importanza è uno dei bisogni fondamentali negli esseri umani.
Tu, io e tutte le persone nel mondo amiamo sentirci importanti (a prescindere che lo si riconosca, lo si ammetta). Non solo lo amiamo, addirittura ne abbiamo bisogno!
Ti faccio notare, infatti, che molte nostre azioni sono orientate a provare questa sensazione, questa emozione.
Alcune cose che facciamo per sentirci importanti sono positive, altre sono invece stupide (e siamo in imbarazzo ad ammetterle).
Mi spiego meglio.
La sensazione di “importanza” è una, ma i mezzi per ottenerla sono molteplici.
C’è chi per sentirsi importante ricerca titoli e ruoli (nello studio, nel lavoro, nello sport, nella politica…), c’è chi compra oggetti costosi e si riempie status symbol (come orologi, vestiti firmati, auto sportive…), c’è chi costruisce la casa più bella della città, c’è chi fa azioni estreme per farsi notare dagli amici (si filma mentre va a 200 km all’ora in auto, si tuffa nel fiume lanciandosi da un ponte, si ubriaca fino a star male in discoteca…), c’è chi scrive un libro, c’è chi pubblica sui social alla ricerca di like, c’è chi si fa tatuaggi o piercing assurdi in posti ancor più assurdi, c’è chi si dedica agli altri con il volontariato…
Te l’ho detto: la sensazione è una, i mezzi sono molteplici. Alcuni sono buoni per te e per gli altri, alcuni sono negativi per te e/o per gli altri.
Per vincere una gara sportiva potrei allenarmi con grande impegno e dedizione o potrei cercare una scorciatoia e un trucco, come il doping. Il risultato sarebbe lo stesso: vincere, salire sul gradino più alto del podio ed esultare. Il mezzo potrebbe però essere onesto o disonesto, buono o malvagio.
È un argomento ampio e ricco di sfumature. Magari scriverò un articolo specifico…
Perché ora dobbiamo tornare al ristorante.
Osserviamo – come è nostro solito su questo blog – la componente comunicativa / relazionale, a partire dall’episodio che mi è successo l’altra sera a cena.
Il nostro agire è comunicazione. Le cose che diciamo e le nostre azioni comunicano di noi. E con la nostra comunicazione noi facciamo accadere le cose.
Che cosa ha fatto accadere la proprietaria del ristorante con le sue parole?
Io ero stato da loro una sola volta, un anno prima. Avevamo scambiato due parole al bancone al momento del conto, ma niente di particolare. La mia era una tra le centinaia di facce che le passano davanti ogni anno. Eppure si è ricordata di me.
Mi ha fatto sentire speciale!
Io so – razionalmente – che non è un mio merito, non sono io speciale. È lei la persona eccezionale (con una memoria e un atteggiamento fuori dall’ordinario). Ma non importa.
Per il mio orgoglio, il mio ego, la mia anima… mi ha fatto sentire degno di nota e non uno come tanti.
Con quel “bentornato” mi ha conquistato.
Ha fatto accadere una piccola magia, perché “con le tue parole puoi far accadere le cose che vuoi, se sai come farlo”.
Continuo a scrivere questa frase, l’avrai notato se mi segui, e devo confidarti che in pochi ne capiscono in pieno il significato.
Pensi che questa frase significhi che esistono delle formule magiche capaci di “manipolare” le persone?
Se è così, mi spiace: non hai capito niente!
La comunicazione è un enorme insieme di competenze, di sfumature, di tasselli. Non è solo una manciata di parole dette bene.
In ogni articolo del blog cerco di mettere in evidenza qualche aspetto interessante, nella speranza che tu unisca i puntini. Non posso spiegarti tutto in una volta sola. Ci sono altri mezzi e altri luoghi per farlo.
Ma in ogni articolo puoi imparare qualcosa.
Ecco il compito che ti affido oggi: fai come la proprietaria di quel ristorante!
Cioè Filippo mi stai chiedendo di fare un corso di memoria per ricordarmi di tutte le persone che incontro?
No, dai, lo so che sei più intelligente di così e hai capito.
Ma perché no. Fai anche un corso di memoria se ti è utile.
Più in generale ti chiedo di dedicare attenzione alle persone che incontri, nel tuo lavoro e nella tua vita. E quindi di migliorare la tua comunicazione con loro.
Falle sentire importanti. A volte basta una parola.
In questo modo le conquisterai.
Filippo Mora
P.S. Ma davvero non hai ancora preso il mio libro? Non capisco proprio cosa aspetti. Rimedia immediatamente, vai a questa pagina.
P.P.S. Lo so che l’hai pensato: ma quale sarà questo ristorante di Sirmione? Si chiama L’Incontro, e te lo consiglio vivamente. Se ci vai, salutami i proprietari!
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