Per mestiere, mi domando – tutti i giorni da 12 anni – cosa porta risultati alle persone (e alle aziende). E prima di allora, ho passato 8 anni a domandarmi come ottenere io i risultati che desideravo.
Insomma, è un po’ che rifletto su questo argomento.
Oggi vorrei coinvolgerti.
Parto con due domande:
- Tu stai ottenendo i risultati che desideri?
- Secondo te, come fanno le persone ad ottenere i risultati che si prefiggono?
Prendi uno specchio, guardati e rispondi a questa domanda: sto ottenendo i risultati che desidero?
Sto facendo qualcosa per raggiungerli?
Oppure la mia vita va, come una barca in mezzo al mare, e io mi lascio trascinare dalle onde sperando nella buona sorte, nel mare calmo, nei venti favorevoli e pregando di non incontrare mai una tempesta?
Questa è una domanda seria. E se la tua mente l’ha snobbata leggendola, abbiamo un problema.
Da molti anni frequento le aziende e le persone, tante aziende e tantissime persone. E mi sono accorto che la maggior parte delle persone vivono proprio così: come su una barca in mezzo al mare.
Se mi occupassi di sviluppo personale o di coaching dovrei partire dal domandarti quali sono i risultati che desideri. Perché è evidente che per ottenere dei risultati bisogna avere in testa degli obiettivi. Obiettivi che siano in linea con i tuoi valori, la tua identità e tutto il resto.
Ma voglio dare per scontato che tu una direzione l’abbia in testa, abbastanza chiara almeno.
Quale che sia non mi interessa, potrebbe essere professionale, personale, famigliare, pubblica, privata. Quella che vuoi.
E, sempre se mi occupassi di sviluppo personale o di coaching, lavorerei sulla tua motivazione a raggiungere quei traguardi. Perché se sei sulla barca, hai una bussola e una meta, ma non hai voglia di remare…
Ma ancora una volta voglio dare per scontato che tu abbia una motivazione, tu abbia “voglia”.
Perché se nella vita hai una mentalità da fancazzista, lamentoso e ipocrita, non so veramente cosa dirti.
Ti invito a lasciare la lettura di questo articolo se sei un fancazzista, lamentoso e ipocrita. Grazie.
Per tutti gli altri, proseguiamo.
Come fanno le persone, con una buona motivazione e degli obiettivi in testa, a ottenere risultati?
Impegnandosi. Lavorando sodo. Sbattendo la testa. Provando. Rialzandosi. Riprovando. Lavorando sodo.
I risultati non cadono dal cielo. Questo è certo.
La probabilità di fare 6 al Superenalotto è di 1 su 622.614.630. Te lo riscrivo, una su seicentoventiduemilioni seicentoquattordicimila seicentotrenta.
Ma Filippo, quindi ti riferisci solo agli obiettivi economici in questo articolo?
No, era per fare un esempio.
Se aspetti la fortuna nella vita, il tuo turno arriverà tra 622 milioni di giorni. Un milione e mezzo di anni.
Ti puoi permettere di aspettarla?
No.
Ti devi impegnare (e se la tua giornata fortunata arriva, meglio).
Ok Filippo, ho capito, ma quindi mi basta impegnarmi e lavorare duro e otterrò tutto ciò che desidero?
No. Mi spiace. Non è detto che sia sufficiente.
Basta guardarti intorno per accorgertene. È pieno di gente volenterosa che si impegna, che si fa il culo tutti i giorni da anni ed è a un punto morto.
Ti faccio qualche esempio per ragionare insieme.
- Esempio 1
Mettiamo un panettiere. Paolo.
Ogni notte, da vent’anni, si alza alle 3 del mattino, va nel forno e si mette a impastare farina acqua e sale. Prepara le forme, cuoce il pane, apre il negozio, accoglie i clienti, lo vende, magari lo porta a domicilio, e alle 13, dopo dieci ore di lavoro filate, chiude e va a casa a riposare.
Ma le cose non vanno bene.
Il pane si mangia sempre meno, qualcuno lo acquista al supermercato, la gente ormai pranza sempre più fuori casa… e alla fine del mese i conti cominciano a non tornare più.
Ma Paolo il panettiere è volenteroso. Riduce i costi, lascia a casa l’aiutante, si alza due ore prima, fa tutto da solo, e finisce alle 14.
Le ore di lavoro diventano così dodici o tredici. Ma il pane si mangia sempre meno, qualcuno lo acquista al supermercato, la gente ormai pranza sempre più fuori casa … e alla fine del mese i conti non tornano lo stesso.
A Paolo il panettiere basta impegnarsi e lavorare duro per ottenere ciò che desidera?
No, serve qualcos’altro.
- Esempio 2
Mettiamo un volontario di un ente benefico. Giorgio.
Fa parte di un’associazione ambientalista impegnata a sensibilizzare le persone al rispetto della natura e a muoverle verso azioni concrete (iscriversi all’associazione, contribuire, informarsi, partecipare alle manifestazioni, sottoscrivere petizioni, andare a pulire i boschi…).
Ogni sabato Giorgio fa volantinaggio nel centro della sua città. Si prende un paio di ore, piazza un banchetto e attacca bottone con le persone.
Ma i passanti lo evitano, e di quelli che riesce a fermare solo pochissimi si interessano. I suoi risultati sono quasi nulli. Allora decide di impegnarsi di più. Invece di un paio di ore decide di dedicare tutto il pomeriggio. Anche la domenica. E prova a girare persino le città vicine.
Ma i risultati rimangono deludenti. Allora sta valutando di impegnare tutta la giornata, dalla mattina alle 8 alla sera alle 19, per distribuire volantini e parlare con le persone.
A Giorgio basterà impegnarsi e lavorare duro per ottenere ciò che desidera?
No, serve qualcos’altro.
- Esempio 3
Mettiamo una persona un po’ in sovrappeso. Michele.
È ingrassato negli anni, senza farci troppa attenzione, fino a quando si è deciso a rimettersi un po’ in forma.
Ha comprato qualche attrezzo da palestra, ha ricavato un angolo in garage e si allena. Ha provato tante diete, prima quella dei carboidrati, poi quella delle proteine, poi la “zona”. Ma niente, a parte un po’ di effetto yo yo (perdo un po’ di peso, lo recupero, perdo un po’ di peso, lo recupero…) non ottiene risultati soddisfacenti. In più ogni tanto ha sbalzi di umore, cali di energia, fatica a concentrarsi.
A Michele basta tenere duro, fare più esercizio fisico e non mangiare la pasta a cena per rimettersi in forma?
No, evidentemente serve qualcos’altro.
Ti ho presentato tre esempi volutamente lontani tra loro. Per dimostrarti che in realtà lontani non sono. Condividono una stessa esatta dinamica, anche se vissuta in tre contesti molto differenti.
I miei genitori mi hanno sempre detto che “se mi impegno i risultati prima o poi arrivano”.
È un pensiero comune, credo che anche a te l’abbiano ripetuto molte volte.
Bene, è una cazzata.
“Se ti impegni i risultati arrivano” è una cazzata.
Se fosse così, Paolo avrebbe una super panetteria, Michele sarebbe in splendida forma e l’associazione di Giorgio sarebbe popolata di iscritti.
Ma così non è.
Perché la formula: “SE ti impegni ALLORA ottieni risultati” è sbagliata.
- Un ragazzo fatica a imparare la matematica e la madre gli dice di impegnarsi di più.
- Un venditore fatica a vendere i suoi prodotti e il suo manager gli dice di fare più telefonate.
- Una rock band fatica a fare concerti e su Facebook gli dicono di insistere, di contattare tutti i locali d’Italia che prima o poi qualcuno li farà suonare.
Sono suggerimenti del cavolo. Mi dispiace.
Potevano (forse) essere accettabili 50 anni fa.
Il pensiero comune è una maledetta zavorra per i tuoi risultati.
Per questo ti invito a non ascoltare più nessun consiglio che ti viene dato dentro casa, al bar, in palestra o qualsiasi altro posto tu frequenti (se non arriva da persone davvero esperte).
Dammi retta, smetti di ascoltare i consigli in giro per la strada.
Altrimenti tra 10 anni sarai ancora lì a bere il latte per avere più calcio, il nuoto è lo sport più completo, dove si fermano i camionisti si mangia bene…
Ti prego, fallo per il tuo bene, smetti di ascoltare il pensiero comune.
Anche perché, ti chiedo, le persone che dispensano questi straordinari consigli, vivono vite straordinarie?
L’altro giorno, a una cena, ascoltavo i commenti e le discussioni di alcune persone. Un ragazzo nello specifico stava spiegando come l’economia dell’Italia sarebbe certamente ripartita facendo così e cosà… Era convinto, infervorato. Ma se lo giri sottosopra non esce un euro.
È pieno di gente così. E devi smettere di ascoltarla.
Se sono tuoi parenti, vogligli bene. Se sono tuoi amici di infanzia, anche. Ma non ascoltare i loro consigli.
Quindi, se impegnarsi non basta e la maggior parte delle persone che abbiamo intorno (con il “pensiero comune”) dicono solo cazzate… cosa dobbiamo fare?
Cambiare paradigma.
Cosa devono fare Paolo il panettiere, Michele in sovrappeso e Giorgio l’attivista?
Cambiare paradigma. Perché se continuano a fare le stesse cose – anche con più impegno – è evidente che non otterranno risultati diversi e migliori.
E come si fa a cambiare paradigma?
Ecco la formula:
- Devi essere pronto ad abbandonare tutte le tue certezze e le tue abitudini, se necessario.
- Devi studiare.
- Devi sperimentare e mettere da parte le opinioni: ciò che funziona si tiene ciò che non funziona si elimina.
Paolo il panettiere:
- Pensa che il pane migliore sia quello con la farina bianca 00, raffinata, e l’integrale, il biologico, il lievito madre sono tutte cazzate. E poi ha sempre fatto le rosette come gli ha insegnato suo padre vent’anni fa e la gente le ha sempre mangiate e lui le fa bene. Ecco, queste sono tutte certezze e abitudini da lasciar andare.
- Deve studiare. Deve capire dove stanno andando le abitudini alimentari del pubblico, aggiornarsi sulle farine, sui lieviti, sul biologico. Deve studiare prodotti nuovi. Deve rivalutare il suo posizionamento sul mercato, i suoi competitor, le nicchie, gli spazi vuoti… E, intendiamoci, lo può fare insieme a degli esperti, così da velocizzare il processo.
- Deve sperimentare e mettere da parte le opinioni. Deve testare dei prodotti, promuoversi e tirare le somme. Provare un tipo di prodotto, poi un altro, poi un altro. Lasciando da parte le sue opinioni. E tantomeno ascoltare le opinioni di suo cugino.
Giorgio l’ambientalista:
- Deve smetterla di pensare che le cose che dice siano “la verità”. Deve accettare che persone diverse possono avere livelli di priorità diversi. E deve comprendere che fermare le persone per strada equivale a infastidirle.
- Deve studiare. Come si comunica con le persone? Come si fa ad attirare la loro attenzione? Come fanno le altre associazioni? Come si presenta un’idea? Come si fa un volantino efficace? E, anche qui, lo può fare insieme a degli esperti del settore, così da velocizzare il processo.
- Deve sperimentare e mettere da parte le opinioni. Dopo aver studiato una strategia la si applica e si tracciano i risultati. Ciò che funziona si migliora e si ripropone, ciò che non funziona si abbandona.
Michele in sovrappeso:
- Deve accettare e riconoscere che quello che sa circa l’alimentazione, il metabolismo, l’allenamento potrebbe non essere corretto.
- Deve mettersi a studiare. In prima persona, o ancor meglio affidandosi ad esperti del settore.
- Deve sperimentare e mettere da parte le opinioni. Deve cioè seguire la dieta e la tabella che il professionista gli dà. Senza “ma secondo me”. E valutare solo i risultati.
Come dicevo prima, sono tre esempi molto diversi tra loro ma accomunati dalle stesse dinamiche.
La soluzione è un cambio di paradigma, che passa attraverso lo studio.
Perché se non studi ciò che ti è utile imparare non potrai mai ottenere dei risultati. A meno di essere un genio assoluto (?) o di azzeccare di fortuna una scelta (su 600 milioni).
Vuoi ottenere risultati migliori? Incomincia a studiare.
Ma Filippo io sono laureato, cosa devo studiare ancora?
Sei laureato? Ottimo. Hai fatto il primo passo, hai una preparazione di base. Adesso puoi cominciare a fare sul serio.
Come di base? Ho una laurea specialistica!?
Ripeto: ottimo, hai fatto il primo passo, hai una preparazione di base. Adesso puoi cominciare a fare sul serio.
La scuola italiana è inadeguata a portare la maggior parte dei risultati che ci si aspetta di ottenere attraverso di essa.
Te lo ripeto: la scuola italiana fa schifo.
La colpa di chi è?
Della politica, degli insegnanti, della complessità e velocità del mondo reale.
Studiamo programmi superati con metodi didattici vecchi. E con (molti) insegnati tecnicamente impreparati e umanamente inadatti.
Ti faccio un esempio su di me.
Ho una laurea specialistica in comunicazione, triennale più magistrale, 5 anni di corso, credo una sessantina di esami in tutto, e sono uscito con 110 e lode. Ma tutto quello che di utile e di valore conosco della comunicazione l’ho imparato dopo l’università.
Ho letto tutti i libri che ho trovato, ho frequentato tutti i corsi che ho potuto, e lo faccio ancora oggi.
Ho capito che la scuola ufficiale non è in grado di insegnarti le competenze che ti servono.
Mi spiace molto dirlo, ma è così.
Ed è una tragedia lo so.
Sei convinto che quello che hai imparato, le nozioni che hai appreso a scuola, il pensiero comune dei genitori e della società ti saranno sufficienti nella vita? Mi spiace ma non sarà così. Te ne accorgerai (se non te ne sei ancora accorto) e sarà una scoperta molto dolorosa.
Riporto il ragionamento sulla materia di cui sono esperto e nella quale lavoro: la comunicazione efficace.
Le persone (quasi tutte almeno) hanno imparato a scrivere e parlare correttamente, grazie alla scuola e alla famiglia.
E sono convinte che questo le renda capaci di comunicare adeguatamente.
Poi però, con il tempo, si accorgono che così non è.
Le cose che dicono spesso vengono fraintese, a lavoro come altrove. Molte email che scrivono generano risposte inaspettate. Una buona idea che hanno avuto non viene compresa quando la promuovono. Fanno tanti colloqui e nonostante abbiano un ottimo curriculum non vengono assunte. Fanno una presentazione in pubblico le persone si annoiano e va malissimo. Lavorare in team con altre persone si rivela difficile, non riescono a gestire un conflitto una negoziazione anche su temi banali…
È un tema talmente ampio che ho addirittura scritto un libro su questo argomento. E ho scelto un titolo che esprime esattamente questo cortocircuito.
Sei convinto di saper comunicare perché hai imparato a scrivere e parlare correttamente? Mi dispiace: “il congiuntivo non ti salverà”.
Vuoi trasmettere i tuoi pensieri, interessare le persone con le tue parole, convincere, risultare credibile, farti seguire… semplicemente perché hai imparato la grammatica e la sintassi, perché usi correttamente il congiuntivo? Mi dispiace per te. Non avverrà mai.
La comunicazione è lo “strumento” umano per eccellenza. È attraverso le nostre parole, il nostro modo di relazionarci e di trattare le persone che otteniamo i nostri risultati. In famiglia, al lavoro, nella società.
Posso essere una persona con delle buone competenze ma se non sono in grado di comunicare, di farmi percepire, di farmi capire, di lavorare in team, di rispondere a un’obiezioni, di presentare un’idea non andrò da nessuna parte. Da nessuna parte.
Ti svelo un segreto.
Oggi le aziende preferiscono formare internamente le competenze tecniche, che tanto la scuola non le crea e sul mercato non si trovano. E assumono persone che sanno comunicare, farsi capire, lavorare in team, presentare e presentarsi adeguatamente.
E no! Filippo io ho una laurea e il lavoro me lo devono dare!
Ma in che mondo vivi? Nella Cina o nella Russia dell’Ottocento?
Non gliene frega niente a nessuno se tu hai una titolo di studio.
Magari sei laureato in giurisprudenza e vuoi fare l’avvocato? Ma lo sai che gli avvocati italiani sono in super-esubero e, giusto per farti un’idea, nel solo Foro di Roma ne operano tanti quanti nell’intera Francia?
Nell’intera Francia.
E pensi che ti basti avere la laurea e il minimo delle competenze per trovare uno studio prestigioso che ti assuma o per aprire un bell’ufficio in centro?
Vivi nel mondo delle favole.
Vuoi che uno studio prestigioso ti assuma o vuoi aprire un ufficio di successo in centro?
Studia. Diventa un esperto al quadrato nel tuo settore e impara a comunicare alla grande. Non hai alternative.
E affidati a persone esperte, non al consiglio di tuo cugino, lascia stare il “pensiero comune” per l’amor del cielo. Altrimenti sarai una persona comune che ottiene risultati comuni, cioè di merda.
Io non so che mestiere fai, che progetti hai, che obiettivi insegui. Non so se sei il panettiere, l’ambientalista, il venditore, l’insegnante, il genitore, l’avvocato, l’ingegnere, il volontario ONG, l’aspirante scrittore, il chitarrista nella rock band, il vigile urbano, il giramondo, il falso invalido, il tizio che chiede l’elemosina davanti al supermercato, il consulente finanziario, il parroco, l’allevatore di cani, o il prossimo Steve Jobs…
Ma di una cosa sono certo:
in tutti questi casi il congiuntivo non ti aiuterà particolarmente, ma una comunicazione più efficace, una comunicazione strategica, ti può davvero cambiare la vita.
Ne sono certo. Ne sono talmente certo che sono disposto a dimostrartelo a mie spese.
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Questo libro è il frutto di oltre dieci anni tra studio ed esperienza professionale, nei quali ho capito che “con le tue parole puoi far accadere le cose che vuoi, se sai come farlo”.
Si concentra sugli esempi pratici e gli aspetti concreti della materia. Così da capire perché è possibile “far accadere le cose” e imparare come si fa.
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- Scoprirai esattamente il tuo attuale livello di comunicazione.
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- Fatti capire
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1. La prima parte affronta i temi fondamentali della comunicazione. Ti indica tutte le variabili da tenere sotto controllo. Ti mostra gli errori più frequenti e ti spiega perché a volte non riesci a farti capire. Poi ti mostra come correggere facilmente questi errori. Fornisce un quadro d’azione completo e subito applicabile.
2. La seconda parte entra nel tema della comunicazione persuasiva e, grazie alla psicologia applicata, ti spiega com’è possibile convincere le persone. Poi mostra 7 tecniche di comunicazione efficace, che conoscono solo gli addetti ai lavori. Potrai iniziare a sperimentarle immediatamente, o a riconoscere quando qualcuno le utilizza (magari proprio su di te).
3. La terza parte, infine, passa a un livello avanzato. E ti mostra davvero cosa significa “far accadere le cose” con la comunicazione. Perché i risultati che otteniamo, le decisioni che prendiamo e che le persone prendono intorno a noi sono pesantemente influenzate dalla comunicazione. Questa è la parte in cui la comunicazione diventa strategica e ti mostra l’incredibile impatto che ha nella tua vita.
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