Qualche giorno fa ho scritto un articolo relativo all’intervento di Beppe Grillo alla Oxford Union. Nello specifico, ho descritto il suo esordio bendato stile Bird Box e il grossolano errore di comunicazione che ha commesso. Se te lo sei perso, lo trovi qui.
Oggi voglio fare un’analisi più ampia sul tema del “Public Speaking”, descrivendo l’intero intervento di Beppe Grillo che ho appena visto integralmente. Se ti interessa lo puoi seguire qui (dura circa 70 minuti).
Faccio una doverosa premessa: ho sempre apprezzato la maestria di Grillo, nell’arte della narrativa, dell’intrattenimento, dell’affabulazione. Spesso anche dei contenuti. E sono davvero dispiaciuto per quello che ho visto e che ti dirò.
Ammetto di essere anche un po’ infastidito, come italiano.
Ma andiamo con ordine.
Se non hai letto l’articolo precedente, ti invito a recuperarlo perché non riprenderò gli stessi concetti (che sono utili per comprendere in pieno le prossime parti). Questi due articoli insieme sono un vero e proprio corso di Public Speaking.
Cominciamo.
Quali sono le prime regole per parlare in pubblico in maniera efficace, secondo i principi della comunicazione strategica?
Un concetto che ripeto fino allo sfinimento – e chi è stato nelle mie aule lo sa! – è che ogni discorso in pubblico deve sempre avere un obiettivo!
Sempre.
Perché le persone che ci ascoltano, una volta che avremo finito di parlare, si porteranno via una sensazione e un pensiero su di noi e il nostro discorso. E dobbiamo prevederlo.
L’obiettivo da avere ben chiaro in mente è legato a questo.
Dobbiamo decidere quale pensiero, quale sensazione vogliamo lasciare nella testa delle persone che ci ascoltano. E dobbiamo progettare, e dobbiamo realizzare, il nostro Public Speaking con questo intento.
Osservando attentamente Beppe Grillo a Oxford posso dirti una cosa:
Non aveva deciso e/o non aveva chiaro quale obiettivo raggiungere.
Come ti spiegavo nell’articolo precedente, “conosci il contesto” è il fondamento del Public Speaking. Poiché solo analizzando e avendo ben chiaro il contesto (fisico, temporale, sociale, culturale…) è possibile definire la strategia e quindi raggiungere l’obiettivo.
Beppe Grillo non era preparato al contesto in cui ha parlato, non si può davvero negare, e si è trovato in grossa difficoltà.
Ha improvvisato un suo classico monologo urlato confusionario e caotico, come se di fronte a sé avesse un gruppo di italiani, già “fidelizzati”, ad un comizio dei 5 Stelle.
Ha parlato in italiano, e fin qui possiamo accettarlo. Ma non ha mai lasciato il tempo al traduttore (tra l’altro un giovane a cui andrebbe fatta una statua per la bravura e il sangue freddo) di trasferire le parole e i concetti che stava vomitando senza sosta.
Immagina di essere davanti a un comico ungherese che fa il suo spettacolo, e di avere di fianco un italo/ungherese che riesce a tradurti a malapena una parola ogni 10. Ecco, ci siamo capiti.
Ho usato le parole confusionario e caotico non a caso. E nemmeno in tono di spregio.
Chi lo conosce e lo segue sa cosa sto dicendo. Beppe Grillo ha uno stile comunicativo poco lineare, sparge concetti come il contadino getta manciate di semi, senza necessariamente che siano tra loro ordinati in maniera consequenziale. Ricorda un po’ il rap o la trap degli ultimi anni.
Bada bene: non è una critica la mia.
Se non ti piace il paragone musicale te ne faccio un altro più poetico.
Lo stile comunicativo di Beppe Grillo ricorda gli haiku giapponesi, ovvero quei componimenti che appaiono come un susseguirsi di aforismi, nei quali le parole sono ammassate e dove pesa sia il detto che il non detto.
È uno stile che ha sempre contraddistinto il comico genovese e che funziona. Ma funziona in Italia, in italiano, su un pubblico pre-educato (cioè che l’ha già visto ed ascoltato e che conosce gli argomenti di cui parla).
In quella sala inglese questi presupposti non c’erano. E dall’eleganza e la profondità di un haiku siamo passati al coro da stadio, confuso urlato e caotico, quasi volgare. Un intervento senza capo né coda.
Tutto ciò ha generato nel pubblico un’evidente sensazione di smarrimento. E anche d’irritazione.
Posso quindi dirti una seconda cosa:
Il pensiero e la sensazione che Beppe Grillo ha lasciato alla fine del suo intervento sono stati sgradevoli.
Il presidente della Oxford Union, che per intenderci è uno studente di 21 anni, appare sgomento. E addirittura seccato quando il suo ospite continua ad abbozzare lunghi monologhi invece di rispondere alle domande che gli vengono poste. Tanto che più volte torna a chiedere conto di quanto aveva effettivamente chiesto.
Anche la comunicazione non verbale, abbondantemente, esageratamente, all’italiana, non ha aiutato il leader 5 stelle.
Con il suo modo di stare (e non stare) al leggio, con il suo modo di gesticolare, urlare e sedere sbragato sulla poltrona non ha infatti dato l’idea di eleganza e di serietà. E in tutto questo fingo di non aver visto il gesto che ha fatto con il braccio a penzoloni quando ha voluto mimare la particolare “dote” delle parti basse di un ipotetico nuovo cittadino del mondo nato da una donna bianca e un nero senegalese… Davvero imbarazzante.
La somma dei singoli fattori ha generato, inevitabilmente, un pensiero e una sensazione sgradevoli nel pubblico.
E non mi vengano a dire i fanatici pentastellati che è stato “immenso” e “troppo avanti” per quei ragazzini viziati (come ho letto in alcuni commenti al video) perché non è vero.
L’aspetto spiacevole per noi italiani è che quei ragazzi inglesi arrivavano ad ascoltare il leader (onorario) del nostro governo con un dubbio in testa, un pregiudizio che volevano verificare.
Quel dubbio era che al governo italiano ci fossero persone impreparate, poco serie, antiscientifiche, aggressive e non troppo democratiche. Purtroppo ne hanno avuto una conferma!
Attenzione, leggi con cura.
Non ho scritto che al governo italiano ci sono persone impreparate, poco serie, antiscientifiche, aggressive e non troppo democratiche. Ho detto che quegli studenti inglesi covavano quel pregiudizio e che con l’intervento di Grillo quel pregiudizio si è rafforzato. Purtroppo.
E ancora una volta, faccio finta di non aver sentito la risposta che ha dato a due ragazzi italiani che gli chiedevano di chiarire una contraddizione, a cui ha rimproverato: «voi avete abbandonato un paese e siete qua» lasciando intendere che abbiano una qualche colpa (non si sa bene quale).
Se leggi questo blog sai che in ogni articolo analizzo il tema della Comunicazione Strategica a partire da situazioni reali per offrirti spunti utili a migliorare la tua comunicazione. Ecco l’insegnamento di oggi:
Vuoi fare una bella figura con il tuo Public Speaking? Non fare come Beppe Grillo.
Perché gli stessi errori che ha commesso li vedo commettere dai manager nei meeting aziendali, li vedo commettere dai venditori che presentano un prodotto, li vedo commettere dagli insegnanti davanti alle aule di studenti.
Riprendi quanto abbiamo detto e verifica se anche tu fai gli stessi errori nel tuo contesto. E allenati a non commetterli più.
Filippo Mora
P.S. Vuoi sapere quali errori commetti nella tua comunicazione? Li trovi elencati nel libro “Il Congiuntivo Non Ti Salverà. Guida Pratica di Comunicazione Efficace (per farsi ascoltare e convincere gli altri)”.
Filippo Mora è un esperto di Comunicazione Strategica, ovvero di quelle dinamiche [linguistiche, psicologiche, sociologiche] che portano la comunicazione ad essere non solo uno strumento in grado di informare ma soprattutto capace di generare comportamenti e ottenere risultati. Svolge attività di consulenza e formazione in tutta Italia.
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